Decreto Crescita

(D.l. n. 83 del 22 giugno 2012 Misure urgenti per la crescita del Paese), pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2012

 

Roma, 9 luglio 2012

L’art. 33 del “decreto crescita” novella alcuni articoli della legge fallimentare, ne inserisce altri e modifica alcune norme del Tuir in materia di sopravvenienze e perdite in procedure concorsuali.

L’art. 67 terzo comma lettera d) della legge fallimentare viene completamente novellato e rappresenta l’articolo fondamentale per l’individuazione del professionista specializzato chiamato a svolgere, in ruoli diversi, le diverse funzioni che la legge fallimentare ha riservato al “commercialista”. Dal 2006, anno in cui sono iniziate le prime modifiche della legge fallimentare, si è assistito ad un continuo perfezionamento della norma, molti sono stati i dubbi circa la sua applicazione e molte sono state le interpretazioni circa l’indipendenza del professionista e le possibili incompatibilità dello stesso rispetto al ruolo che era chiamato a svolgere.

Oggi l’art. 67 terzo comma lettera d) precisa che il soggetto debba essere “un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 28, lettere a) e b) …; il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo”.

L’Associazione Nazionale Commercialisti crede che questa precisazione fosse dovuta e che bene abbia fatto il legislatore a porre dei confini puntuali sull’indipendenza del professionista in quanto molto spesso si è assistito ad un abuso dell’istituto dell’attestazione (sia nei piani attestati ex art. 67 terzo comma lett. d), che nel concordato preventivo ex art. 161 che negli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis) a danno dei creditori e di tutti coloro che vantano diritti sul soggetto attestato.

In collegamento all’attività del professionista attestatore il legislatore ha inserito una sanzione penale con l’introduzione dell’art. 236 bis della legge fallimentare che prevede, sotto la rubrica di “falso in attestazioni e relazioni”, che “Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182- quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. Se il fatto e’ commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena e’ aumentata. Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena e’ aumentata fino alla metà”.

L’intento di questa norma penale, come del resto l’intento delle norme sanzionatorie in genere, è di presidiare abusi possibili e presunti che possano derivare da negligenze del professionista attestatore.

Se è pur vero che la norma sanziona fattispecie precise di atti collegati ad “informazioni false” oppure ad omissioni di “informazioni rilevanti”, è anche vero che l’attività del professionista in genere, ed in particolar modo di questo professionista che si trova ad operare in un contesto di “insolvenza” o comunque di “crisi manifesta”, può indurlo in errori che la magistratura penale potrebbe classificare tra quelli oggetto di sanzione.

La nostra Associazione, nella preoccupazione che la linea di confine per individuare se l’omissione sia collegabile al falso specifico oppure ad un mero errore di valutazione che ha indotto il professionista ad attestare qualcosa di non corrispondente alla realtà, ipotizzando che lo stesso abbia posto in essere le tecniche che la scienza aziendale prevede, invita tutti i “commercialisti” chiamati a svolgere l’attività di attestatore a valutare con attenzione di volta in volta le casistiche che si presentano tracciandone il percorso seguito per arrivare alla valutazione finale.

Questa norma, così come è stata prevista, impone un sovra-sforzo al professionista al fine di evitare che un errore di superficialità possa costituire un grave reato con danni che possono addirittura arrivare ad una multa fino a 150.000 euro e a cinque anni di reclusione salvo eventuali aggravanti che potrebbero farli aumentare.

Due sono le considerazioni che possiamo fare in conclusione: a) la nostra categoria è chiamata nuovamente ad assumere un ruolo fondamentale nella gestione delle crisi e di questo siamo consapevoli e ne andiamo fieri; b) Non vorremmo che il nostro ruolo e la nostra attività fatta di sacrifici e studi, ovviamente quando è svolta con diligenza professionalità e correttezza, possano trasformarci in un capro espiatorio, sanzionabile in maniera più pesante di quanto venga sanzionato un bancarottiere professionista.

Eros Ceccherini
Consigliere ANC – Delegato “Polo Scientifico”

Marco Cuchel
Presidente ANC